Sto cercando di imparare dagli italiani ad essere lenta e tranquilla e seguire uno stile slow life
Tugce è nata a Nazilli, piccola città della Turchia occidentale, 33 anni fa.
Parla turco, inglese ed italiano, un po’ di tedesco e sta imparando il francese.
Ha lasciato la Turchia dieci anni fa, quando è andata a studiare in Portogallo, dove si è laureata in Product Design nel 2012, per trasferirsi poi in Inghilterra, dove ha conseguito la laurea magistrale in Curating Contemporary Design a Londra. E’ arrivata in Italia, a Torino, da quattro anni, dopo aver vinto una borsa di studio tramite l’Unione Europea che le ha permesso di frequentare un Dottorato presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino.
“Il paese in sé non è mai stato importante, sono andata lì dove potevo studiare ciò che mi interessava”.
Arrivata in Italia sapeva solo dire “ciao!” e ha trovato molte difficoltà ad integrarsi, sia a causa della lingua, che le sembrava difficilissima, sia a causa della pandemia, le cui misure di contrasto ostacolavano le relazioni umane. Ha approfittato però di questo periodo per migliorare la sua conoscenza della nostra lingua.
Nel giugno del 2022 ha terminato il Dottorato in Informatica per i Beni Culturali – Digital technologies for Cultural Heritage preservation, con una tesi sulla semantica in archeologia e l’archeologia digitale. “Ho finito in fretta il dottorato, mi sarebbe piaciuto imparare di più”. Tugce oggi lavora per un’azienda di software. Non può parlarci molto del mondo della ricerca in Turchia, avendolo frequentato pochissimo, ma ha riscontrato che a Torino ci sono buone opportunità di studio, anche se segnala una limitata apertura verso gli stranieri: “ho trovato difficile integrarmi con i colleghi di studio; motivo per cui un progetto come quello di Scienza Migrante mi sembra stupendo”.
Tugce ritiene di avere una formazione interdisciplinare, che ha cercato di utilizzare anche nel mondo del lavoro, in quanto “è nel mio carattere essere aperta a più ambiti e discipline”. In Turchia è cofondatrice di un collettivo creativo, composto da amiche e colleghe architette e design, che partecipano a concorsi internazionali di progettazione; scrive anche articoli per riviste, cercando “il continuo scambio intellettuale”.
Il principale contributo scientifico al nostro Paese è il suo progetto di tesi, che, basandosi su una collaborazione tra Giappone, Italia, Belgio, Portogallo e Grecia, ha dato vita a un data base di archeologia e all’organizzazione, in Giappone, di una mostra dei risultati, che nel 2023 potrebbe arrivare in Italia.
“Il mio contributo scientifico è nella natura stessa del mio lavoro di Public Interactions e Public Engagement tutto rivolto alla ricerca”.
Il suo desiderio per ora è rimanere in Italia, per migliorare la lingua. Sente la cultura italiana – di cui vorrebbe approfondire la conoscenza – molto vicina a quella delle sue origini, “siamo entrambi popoli mediterranei”. In Italia le persone sono vivaci, non eccessivamente tristi o ostili e l’unico aspetto negativo è la burocrazia.
Sto cercando di imparare dagli italiani ad essere lenta e tranquilla, uno stile slow life: mangiare lentamente, vivere lentamente (…) in Turchia c’è sempre caos, abbiamo sempre qualcosa da fare e in fretta”.
Del suo Paese le mancano la famiglia, gli amici ma soprattutto il cibo: “qui non trovo Simit, una specie di croissant con sesamo da mangiare a colazione, da noi abbiamo una colazione abbondante e salata.” In Turchia l’ospitalità, importantissima verso gli stranieri, passa attraverso la buona cucina, che varia a seconda delle zone e del clima. Dall’Italia le piacerebbe importare la buona pizza e i vini e diffondere fra la sua gente l’abitudine di praticare più attività all’aperto, tra le montagne.