Parlare con persone diverse mi da la possibilità di pensare che il mondo è ricco di possibilità, che posso scegliere diversi luoghi da visitare e solo alla fine, la mia destinazione finale

Mitra è una donna entusiasta dalle tante passioni. È insegnante, studentessa, giocatrice di tennis e di calcio. Ama imparare e sfidare sé stessa in attività e sport sempre nuovi e la sua routine potrebbe far pensare che la sua giornata non sia di 24 ore e che abbia trovato un modo per raddoppiarle. Mitra è del nord dell’Iran. Da adolescente si è trasferita nella provincia di Mazandaran, dove il clima e il panorama sono simili a quelli di Torino, città che le piace molto e in cui ora vive. Al contrario, l’atmosfera di Teheran è molto diversa e riflette quella di una capitale con pressioni, stress e inquinamento nell’aria. Un ambiente che conosce bene in quanto vi ha vissuto per molti anni sia per conseguire i suoi studi, che per lavoro.

Ha conseguito il suo primo master in Iran quasi dieci anni fa, insieme a molte altre certificazioni in diversi campi, e ha lavorato all’università come insegnante di Farsi e come esaminatrice dell’esame SAMFA, l’unico test ufficiale di lingua Farsi approvato da università e aziende iraniane e no. Mitra spiega con entusiasmo che il Farsi è una lingua priva di genere, non vi sono pronomi o articoli femminili e maschili. Tuttavia, questo interessante aspetto rimane confinato nella lingua. Il suo racconto evidenzia l’influenza del sistema islamico e teocratico iraniano sulla vita quotidiana delle donne, soprattutto in ambienti pubblici e nelle istituzioni. Le donne sono tenute a seguire specifici codici di abbigliamento, come indossare l’hijab, coprire le braccia e indossare il manto, una lunga veste da mettere al di sopra dei vestiti e, come insegnante, non poteva avere smalto alle unghie. Le donne devono anche seguire specifiche norme nell’interazione con gli uomini, come astenersi dal ridere ad alta voce o fare battute in contesti formali. Non seguirle, può comportare la segnalazione al capo di dipartimento.

Come molte ragazze iraniane, Mitra è cresciuta con il codice morale, ne è abituata. Da adolescente, praticava il karate in una squadra e successivamente ha iniziato a giocare a tennis. Durante le partite, le ragazze dovevano coprire le gambe con leggings e gonne e le braccia dal gomito al polso, indipendentemente dalla stagione. Era molto impegnativo giocare a tennis in questo modo, ma il mancato rispetto di queste regole poteva determinare la chiusura del campo. In Iran è diffusa la convinzione che “indossare l’hijab in maniera aderente” protegga le donne da attenzioni o comportamenti indesiderati. Tuttavia, anche coloro che indossano il chador, una veste di colore nero che copre tutto il corpo, possono subire disagi negli spazi pubblici, come nei taxi o per strada. In più, se l’hijab di una donna per caso cade mentre sta guidando, ciò può essere ripreso dalle telecamere e può determinare il suo eventuale arresto, la confisca dell’auto e il pagamento di una multa per recuperarla.

“Perché una donna dovrebbe coprire tutti gli aspetti di sé e, allo stesso tempo, essere preoccupata per sé stessa?”

Al giorno d’oggi è in corso un dibattito globale contro la colpevolizzazione del modo di vestire delle donne come giustificazione della violenza e degli abusi degli uomini, ed è automatico dubitare che un pezzo di stoffa possa davvero proteggerle. Inoltre, l’importanza che le azioni e le parole degli uomini hanno sulle donne, il confinamento e la definizione dei loro nomi da parte di padri o mariti, determina nelle donne iraniane sentimenti di frustrazione e blocco.

Allo stesso tempo, l’Iran è anche “il Paese della storia, delle culture, dell’antica Persia, del Mitraismo” da cui deriva il suo nome che significa gentilezza, affetto. È anche un Paese di risorse. Le persone hanno sempre avuto accesso a gas, elettricità, acqua e cibo a basso costo, ma oggi l’economia, il tasso di inflazione, il valore del Riyal iraniano rispetto all’euro, le sanzioni, l’alto tasso di disoccupazione, la mancanza di opportunità e il nepotismo stanno avendo un grande impatto sulle persone a livello pratico e psicologico. Mitra sarebbe rimasta in Iran avesse trovato un’opportunità con tutti i titoli e le certificazioni che possiede, ma questa non è mai arrivata.

“Questo è il momento in cui ho bisogno di lasciare il mio Paese, dato il tempo impiegato a correre senza ottenere nulla. Provo un’altra opzione e vedo se in un nuovo mondo riuscirò a farcela, oppure no”.

Al momento, sta svolgendo a Torino il suo secondo master in “Tecnologie linguistiche e Scienze Umane Digitali”, un campo molto interessante e nuovo per lei, che consiste nella fusione tra la linguistica e il Machine Learning. Ama questa interdisciplinarità, lo studio del funzionamento dell’Intelligenza Artificiale (IA) e la sua applicazione, e il mondo NLP (Natural Language Processing) o elaborazione del linguaggio naturale che consiste nell’insieme delle tecniche che permettono ai computer di comprendere ed elaborare il linguaggio umano. Non avendo avuto esperienze precedenti su questi argomenti, sta ora imparando ad utilizzare linguaggi informatici come Python e sta seguendo un corso online su come programmare diversi siti web. Mitra crede che in Italia abbia una grande opportunità di studiare l’IA e capire progressivamente il percorso della ricerca. A Ginevra, durante una conferenza, ha compreso quali direzioni questa stia prendendo a livello internazionale e si è fatta un’idea di tutto ciò che lei stessa deve ancora scoprire a riguardo.

Oltre a essere una studentessa, Mitra continua a essere un’insegnante di Farsi mediante lezioni a student3 American3 e Canades3, online. Le piace aggiungere alle sue lezioni anche un po’ di background socioculturale, spiegando quando alcuni periodi vengano utilizzati, assieme a proverbi ed espressioni idiomatiche. Le lezioni e la possibilità di parlare con diverse persone la motivano.

Parlare con persone diverse mi da la possibilità di pensare che il mondo è ricco di possibilità, che posso scegliere diversi luoghi da visitare e solo alla fine, la mia destinazione finale”.

In Italia, naturalmente, è subito andata alla ricerca di un campo da tennis in cui giocare comodamente. Ha iniziato a giocare a calcio in una squadra femminile e, durante una partita, è stata ripresa in un documentario girato dalla RAI incentrato su ragazze iraniane che praticano sport. Ora, con le altre ragazze della squadra, si allenano tre volte alla settimana alle 7 del mattino per la mezza maratona che vi sarà in città! È difficile, Mitra odia correre, ma crede che “sia un bene per la salute mentale, che la aiuti ad essere più concentrata e ad avere un maggior controllo dei propri pensieri. Una sorta di meditazione per affrontare le difficoltà”.
Nascere in un Paese occidentale comporta alcuni vantaggi inconsci in termini di sicurezza e libertà. È un sollievo potersi cambiare quando si vuole, indossare ciò che più si preferisce ed esporre il proprio corpo anche solo per esprimere il diritto di poterlo fare. Al contrario, è in Occidente che gli uomini capiscono che non possono liberamente interferire nella vita di una ragazza, e qui le sembra che “le ragazze Italiane abbiano più potere dei ragazzi Iraniani”. In Iran non esistono luoghi pubblici misti come le piscine, sono vietate, e qui molte ragazze non si sentono a proprio agio nell’indossare un bikini davanti a loro.

Secondo Mitra, poiché non si può scegliere dove nascere, si può decidere come vivere e la comunità di cui far parte in base ai propri principi e, valutare, se portare con sé alcuni aspetti culturali del proprio paese di origine. Ma,

“Il cambiamento avviene sempre quando lo si vuole, quando si decide di voler sviluppare il proprio carattere e quando si è mentalmente pronti a farlo. Altrimenti, non cambierà proprio nulla”.