
ItalianƏ all’estero: perché emigrano?
Con Claudia, abbiamo dato il via ad una nuova serie di articoli dedicati a scienziatƏ migranti che dall’Italia, hanno deciso di proseguire il proprio percorso professionale all’estero con l’intento di analizzare questo fenomeno e comprenderne similitudini e differenze con le storie raccontate fino ad ora. Spesso il dibattito sul tema in Italia è allarmante e caratterizzato da concetti quali la fuga di cervelli. Un fenomeno internazionalmente conosciuto come Human Capital Flight o Brain Drain, e che indica l’alto tasso di migrazione di persone altamente istruite o qualificate, verso paesi in cui ci sono migliori opportunità e standard di vita. Una migrazione che secondo la World Population Review interessa soprattutto paesi del continente africano, del centro America e Caraibi e paesi quali la Cina, la Corea del Sud, le Filippine, l’Iran e Taiwan. Di conseguenza, il fenomeno italiano se comparato a livello internazionale non mostra dati significativi, ma diventa di interessante comparazione con gli altri paesi europei.
Secondo uno studio della Fondazione Nord EstD, sono circa 550 mila giovanƏ italianƏ under 35 migrati all’estero tra il 2011 e il 2023 e secondo un rapporto ISTAT, nel 2024 questa migrazione è aumentata del 20% raggiungendo il più alto tasso degli anni ‘2000. Un fenomeno che, per la sua entità, è stato paragonato al flusso migratorio che dalla fine dell’800 in poi, ha portato migliaia di italianƏ a cercare opportunità migliori oltreoceano.
Germania, Spagna e Regno Unito sono le mete principali e ciò che spinge a partire, non è soltanto la presenza di un mondo lavorativo precario e una retribuzione economica troppo bassa – e dovuta a insufficienti investimenti statali – ma la delusione di non vedere premiati sacrifici e il proprio percorso di formazione. A migrare, sono soprattutto giovani laureatƏ e professionistƏ in cerca di opportunità lavorative che in Italia non sono presenti, prospettive e sviluppi di carriera migliori e contesti che valorizzano meglio il merito, le capacità e il talento. La maggiore apertura internazionale e l’inclusione sociale sono altri aspetti presi in considerazione insieme alla maggiore tendenza all’ascolto delle esigenze di lavoratorƏ rispetto al contesto italiano. Inoltre, il benessere percepito, una visione ottimista del futuro e la condizione professionale fanno sì che solo una piccola percentuale preveda di tornare in Italia in quanto all’estero, secondo i dati, si può vivere una vita migliore sia a livello professionale che personale e si è più felici. Un miglior accesso ai servizi di welfare, minori tempi d’attesa e burocrazia hanno la loro parte.
All’estero, l’80% degli expat ha un lavoro, contro il 64% di coloro che rimangono in Italia. Secondo Almalaurea, il 70% di neodottoratƏ non considera l’idea di tornare in Italia per la paura di restare intrappolatƏ in un paese in cui si ha una visione di un futuro più precario e povero. Tuttavia, paradossalmente, le figure professionali che emigrano all’estero, sono proprio quelle più richieste sul territorio italiano. E che mancheranno sempre di più anche a causa del costante calo demografico e dalla presenza di un numero sempre minore di persone laureate nel paese. Inoltre, la mancanza di giovani nel mercato del lavoro, determina anche un minore tasso di innovazione.
Nella stessa situazione dell’Italia vi sono paesi quali Romania, Bulgaria, Ungheria e Croazia in cui il tasso di persone laureate si aggira attorno al 20%. Mentre, in Portogallo e Germania, questo si aggira attorno al 30%, mentre in Irlanda, Francia e Spagna si arriva al 40%. Secondo un rapporto dell’Unione Europea, sono 46 le regioni bloccate nella cosiddetta “trappola dei talenti”* e in Italia, gli effetti si vedranno nel lungo periodo in cui mancheranno sempre più giovani nella vita civile ed economica del paese e ciò renderà poco sostenibili il debito pubblico e il sistema sanitario e pensionistico italiano.
*Questa prende in considerazione: il tasso migratorio netto di giovani, la variazione percentuale delle persone laureate, la percentuale di persone laureate tra i 25 e 64 anni, la variazione della popolazione nella stessa fascia d’età.
Per approfondire, vi consigliamo la lettura dei seguenti articoli che affrontano il tema in maniera più dettagliata:
- Cervelli in fuga, quanto ci costa la migrazione e il controesodo – Business24tv.it
- Cervelli in fuga: l’Italia arranca nella trappola dei talenti europea | Il Sole 24 Ore
- Fondazione Nord Est
- Giovani, Fondazione Nord Est: «Quelli in fuga all’estero più ottimisti rispetto a chi resta» | Corriere.it
- La fuga di cervelli è costata all’Italia circa 134 miliardi negli ultimi 13 anni | Forbes Italia
- La fuga dei cervelli: l’Italia perde i suoi talenti, ma il mondo ne guadagna. La testimonianza di chi vorrebbe tornare | Domanipress