Quando vai a vivere in un paese straniero, ti serve sapere la lingua, per poter banalmente parlare con la signora che ti vende il caffè
Originaria dalla Serbia, precisamente della città di Apatin ai confini con la Croazia, Doriana, 34 anni, parla inglese, italiano, serbo e un po’ di spagnolo.
In Serbia si è laureata in Matematica generale e ha conseguito la laurea magistrale in Matematica applicata all’Università di Novi Sad.
E’ arrivata In Italia nel novembre 2015, per frequentare il Dottorato in Computer Science presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca. La sua tesi di Dottorato, “Relative expressiveness of calculi for reversible concurrency”, consisteva nella rappresentazione dei processi paralleli e concorrenti con un linguaggio formale e astratto e nello studio dei processi e delle semantiche di questi linguaggi in termini di reversibilità. Terminato il Dottorato nel 2019, Doriana è stata per due anni assegnista per un progetto di ricerca gestito dalle Università di Bologna e Nizza.
Oggi è ricercatrice presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino. Si occupa di attività diverse da quelle che ha seguito in passato, “sto iniziando a fare più pratica, un po’ machine learning and high performance computing”. Desiderosa di continuare a imparare, Doriana si sente ancora principiante nel suo mestiere.
In Italia è venuta per caso, seguendo il consiglio del suo mentore dell’università. Dopo un anno e mezzo ha deciso di rimanere nel nostro Paese, che le è piaciuto subito molto. Imparare l’italiano non è stato molto difficoltoso, grazie alle lezioni che aveva frequentato a scuola e alla sua forte motivazione nell’integrarsi: “quando vai a vivere in un paese straniero, ti serve sapere la lingua, per poter banalmente parlare con la signora che ti vende il caffè”. Fra le prime parole apprese ricorda: “pasta, pizza e cappuccino”.
Non parlo ancora perfettamente italiano ma nessuno mi giudica, anzi la gente è contenta di ascoltarmi anche se sbaglio qualche parola”
Le piacciono il suo lavoro e Torino. Desidererebbe ottenere un contratto a tempo indeterminato presso l’Ateneo, ma è consapevole del fatto che in Italia la ricerca nel suo campo è molto sviluppata e ci sono tanti esperti, apprezzati anche all’estero.
Doriana soffre la lontananza dalla mamma, soprattutto il fatto di non poterle dire “Ciao mamma, arrivo tra 20 minuti” e lamenta la scarsità dei collegamenti con il suo Paese, che le impedisce di rientrare spesso.
L’Italia le piace; vi riscontra una più efficiente organizzazione interna e una più effettiva tutela delle libertà e dei diritti rispetto alla Serbia, in cui tematiche come l’uguaglianza di genere, le libertà di religione e di espressione del proprio indirizzo sessuale sono ancora poco affrontate.
Della sua Serbia ci dice che ha attraversato tante guerre, “spaccandosi” in due, ma presentando una notevole ricchezza culturale:
“Una parte della Serbia è stata sotto l’influenza dell’Austria, un’altra sotto quella della Turchia. Dal nord al sud interagiscono e si uniscono abitudini, cibo, lingua e tradizioni diversi”
Per questo è un peccato che il settore del turismo non sia ancora ben sviluppato.
Doriana si stupisce del fatto che l’esistenza della Repubblica serba sia poco nota. “Quando, arrivata a Lucca sette anni fa, sono andata in questura per il permesso di soggiorno, nel sistema italiano c’era ancora la Iugoslavia”.
In conclusione, esprime il suo apprezzamento per il progetto Scienza Migrante, grazie al quale ha scoperto di avere molto da raccontare della sua storia e del suo Paese.