Una poesia persiana cita ‘noi siamo come foglie cadute dagli alberi, non sappiamo dove il vento ci porterà’

Amir, detto anche Amiro, è nato e cresciuto a Teheran. Appassionato di storia, non perde occasioni per raccontare aneddoti legati al suo paese e alla sua lingua madre, il Farsi, sopravvissuta a secoli di dominazioni e arricchita da contatti con la cultura greca, turca, mongola e araba. In Iran, infatti, si dice che il Farsi “è come lo zucchero”, una lingua mai imposta ma che ha trovato la sua strada nel popolo e tra poet3. Ciò che oggi le dona ancora più ricchezza è il fatto che “le persone parlino una lingua indoeuropea che però si scrive con lettere afroasiatiche”.

Amir ci racconta i vari cambiamenti storici avvenuti nel suo paese negli ultimi decenni, ma l’Iran che ci vuole raccontare è molto diverso dall’immaginario comune e molto dinamico al suo interno. Lui è nato in un momento in cui l’epoca del riformismo era terminata e le leggi religiose lasciavano poco spazio all’individualismo, un qualcosa di cui Amir ha sempre sofferto. Ma, in università, trovò una nuova linfa vitale. Ha conseguito la laurea triennale in “Scienze Animali” presso l’Università di Bu Ali Sina (Avicenna) e allo stesso tempo, ha unito la sua passione per il giornalismo con la necessità di fare attivismo politico. Entrò a far parte di un movimento studentesco che remava in direzione contraria rispetto all’istituzione universitaria mediante due strumenti: lo studio e il dialogo. Nei corridoi universitari, davano inizio a discussioni libere su temi scelti di settimana in settimana che avevano l’obiettivo di incoraggiare alla riflessione, e di ostacolare il passaggio di student3 che così, non potevano non imbattersi nelle tematiche affrontate. Al tempo erano molto idealist3 e cercavano di essere “delle sculture che creavano la propria scultura” nell’ottica di autodeterminare ciò che erano e rispondere ad un bisogno che avevano in comune: schierarsi.

 

“Avevamo memoria dell’epoca del riformismo, della necessità di urlare per la libertà. Eravamo ancora abbastanza coraggiosi all’epoca”.

 

Tuttavia, l’eterogeneità di pensiero all’interno dell’università era presente e si manifestava tutte le volte che le risate delle ragazze ad alta voce venivano interrotte da coloro che invece ritenevano che in quanto donne, non avrebbero potuto ridere. Poi arrivarono le elezioni del 2009. Queste furono ampiamente contestate dal popolo e il movimento studentesco manifestò in prima linea. Molt3 student3 vennero incarcerat3 e così decisero “di andare a luci spente” e cambiare forma del loro attivismo. Passarono da urlare, a scrivere. Iniziarono a pubblicare brevi articoli su un giornale studentesco a sfondo sociopolitico. Il loro obiettivo continuava ad essere quello di far riflettere sul dinamismo interno al paese e scrivevano a proposito delle minoranze, come i Curdi o i non praticanti, o a proposito dei diritti e libertà delle donne nel decidere come vestirsi.

“Il movimento studentesco aveva un motto: “noi student3 siamo come le onde, viviamo e non ci fermiamo. Siamo quelle onde che non arrivano mai alla spiaggia”.

Iniziarono ad occupare una colonna del giornale introducendo anche il tema delle “università nel mondo” e così Amir venne a conoscenza dell’Università di Bologna, la più antica dell’Occidente. Vide che vi erano anche possibilità per continuare i suoi studi all’estero ma all’epoca, non ci diede troppo peso, fino a che tutto cambiò. Per quanto cercassero di autocensurarsi, venivano colpevolizzat3 di eccessivo radicalismo, e il giornale in realtà non fu mai tollerato dall’università. Accusato di non essere allineato con il pensiero del governo iraniano, ad Amir venne revocato il diritto allo studio, a vita. Assieme a molt3 del movimento, divenne nel 2011 uno studente stellato.

“In Iran, sulla pagella, ti viene conferita una stella se non passi la qualificazione morale. Nel mio paese, mi hanno messo nella condizione politica di non poter più andare avanti con i miei studi”.

Non potendo più studiare, ha lavorato per un anno come trasportatore in un’azienda edile e nel frattempo iniziò a considerare seriamente l’opportunità all’Università di Bologna che aveva visto tempo prima. Si mise a studiare l’italiano, superò il test d’ammissione “GRE” e fece domanda d’iscrizione all’università italiana. Vinse una borsa di studio nel marzo del 2013 e a settembre si trovava a Bologna per iniziare il suo corso di laurea magistrale in “Biotecnologie Animali”. Data la sua passione per la storia, non poteva arrivare in un momento migliore. Nel 2013 ricorreva l’anniversario della “Magna Charta Universitatum” e al suo primo giorno, ha potuto assistere al discorso tenuto da Umberto Eco che in seguito, studiò a fondo.

Ha adorato i suoi anni di magistrale a Bologna. Gli esami orali furono il suo primo shock culturale, ma instaurò un bellissimo legame di mutuo aiuto con compagn3 universitar3. Ripassavano prima degli esami, lo aiutavano con l’italiano inconsapevoli del grande aiuto che gli stavano dando. Amir, dalla sua, cercava di ricambiare a livello scientifico. Era un qualcosa di così sinergico che alla fine del suo percorso, quando ciascuno prese la propria strada, Amir si rese improvvisamente conto di non aver nessun altr3, e di non avere una propria routine al di fuori dello studio. Passò un momento di crisi profonda, comprese che oltre allo studio vi erano altri aspetti importanti da dover coltivare e anche se passò la qualificazione iniziale per il suo dottorato, decise di tornare in Iran dai suoi affetti. Lavorò per diversi anni come informatore scientifico di farmaci coagulanti e chemioterapici in aziende private in quanto la sua stella gli impediva di lavorare nel settore pubblico ma, dopo qualche anno, si pentì della sua scelta. Venne a conoscenza, grazie ad un amico, di una posizione da biotecnologo per un dottorato a Torino, fece domanda e venne preso.

Al momento Amir ha di recente terminando il suo dottorato in “Scienze Veterinarie per la Salute Animale e la Sicurezza Alimentare”. Stima molto il suo supervisore attuale che lo incoraggia sia a livello scientifico, che ad essere sé stesso, e a presentarsi come “un iraniano che fa ricerca in Italia”. Nel suo percorso di post-dottorato continuerà a lavorare sullo stesso progetto di ricerca che mira all’analisi di patogeni parassitari tramite sorveglianze di matrice ambientale quali l’acqua o il suolo. L’applicazione di metodi biomolecolari è utile a comprendere se i patogeni trovati possono essere rilevanti per la salute degli animali selvatici e se in futuro potrebbero rappresentare anche un rischio per l’essere umano. La rilevazione di un patogeno, inoltre, ne richiede anche la specifica analisi per comprendere se questo rappresenti un patogeno alieno o una specie invasiva.

Tra l’Italia e l’Iran trova che vi siano tantissime similitudini culturali che, secondo una sua teoria, sono date da una questione di latitudine geografica. Un po’ dell’idealismo che aveva a vent’anni Amir lo porta ancora con sé e crede che la scienza da sola non basti. Come più grandi scienziat3 al mondo, il suo non vuole essere solo un contributo scientifico ma anche culturale sul proprio paese e la sua storia anche se, per fare ciò, bisogna trovare persone disposte ad ascoltare.

Gli manca il contatto con la sua famiglia e con i suoi quattro amici di sempre. Se gli dessero il suo spazio, tornerebbe in Iran, ma al momento è una visione ottimista.

“Una poesia persiana dice: ‘non si può morire in difficoltà in un posto solo perché si è nati lì’. Meglio scegliere un altro paese che soffrire a livello personale e individuale”.

Da tempo voleva raccontare questa storia, e con i suoi giornali tra le mani cita un’altra poesia persiana secondo cui, metaforicamente, le persone che lasciano il proprio paese sono come le foglie cadute dagli alberi che non possono più rigenerarsi. Ma, nel caso di Amir, essere una foglia può anche essere un vantaggio perché “non sai dove il vento ti porterà”.