Quando ci si trasferisce per lavoro è sempre un po’ la stessa cosa, in India come nel Regno Unito. Ma il Paese, la cultura, il luogo, tutto è diverso e c’è sempre molto da imparare nell’interazione con nuove persone

“La terra delle noci di cocco”, meglio conosciuta come Stato del Kèrala, è un piccolo stato sud-occidentale dell’India e terra d’origine di Abdul Haneefa Kummali, fisico medico e viaggiatore sempre alla ricerca di nuove opportunità professionali da cogliere. Parla il Malayalam, lingua regionale e identificativa del popolo del Kèrala.

Qui ha studiato fisica sia nel suo percorso di laurea triennale che magistrale e in quest’ultimo si è specializzato in Fisica delle Radiazioni. Nel suo percorso accademico ha sviluppato una profonda conoscenza teorica sulla frammentazione degli ioni di carbonio e dei fasci di particelle e di ioni, entrambi utilizzati nel trattamento del cancro. Nel 2010 ha vissuto per un anno in Romania per motivi di lavoro e poi è tornato in India dove ha lavorato come fisico medico.

Tuttavia, voleva continuare i suoi studi e rafforzare le sue conoscenze nel campo ed è a Torino, in Italia, che ha trovato un’opportunità di dottorato in linea con la sua specializzazione. Gli venne offerta l’opportunità di lavorare sulla frammentazione degli ioni di carbonio utilizzati nell’adroterapia, un trattamento terapeutico specifico e ancora emergente contro il cancro. Presentando al Consolato Italiano in India i documenti dell’università, la lettera del suo supervisore italiano e i suoi certificati di studio tradotti è stato semplice ottenere un visto per muoversi. È entrato a far parte di un progetto strutturato, una collaborazione tra diverse università italiane e istituti di ricerca tedeschi e ha lavorato come dottorando dal 2012 al 2014.

Andare a vivere in una residenza universitaria, previo consiglio del suo supervisore, è stata la scelta migliore che potesse fare. Il periodo di dottorato a Torino è stato per lui un periodo meraviglioso, ricco di socialità. Ha conosciuto molt3 student3 di tutto il mondo che non avrebbe mai potuto incontrare al di fuori della residenza. Nel suo gruppo di amic3 vi erano molte persone iraniane, una ragazza boliviana, alcune persone italian3 e altr3 provenienti da molti altri Paesi. Inoltre, ha avuto anche la possibilità di visitare molte città italiane, di andare in Francia e in Spagna dove al tempo si trovava suo fratello, anche lui in un periodo di scambio per ricerca.

Dopo il dottorato decise di tornare in India e abbandonare il campo della ricerca, ma ebbe la possibilità di mettere in pratica quanto appreso a Torino sul metodo Monte Carlo in diversi progetti a Mumbai dove ha lavorato come fisico medico per tre anni. Mumbai è caotica. Una delle città più affollate e trafficate del mondo, dove persone, suoni e traffico sono inimmaginabili se non ci si è mai stati. Ora come ora, non se la sentirebbe di vivere in quel caos di nuovo e non vi ci porterebbe la sua famiglia a causa dell’alto tasso di inquinamento atmosferico.

“Quando si guarda Mumbai dall’esterno, è gigante. Ma se inizi a vivere lì, diventi parte di quella folla e ne segui il flusso”.

Successivamente, sempre alla ricerca di nuove opportunità, si è trasferito nel Regno Unito, dove vive ormai da sei anni. Lavorare come fisico medico a Mumbai e a Londra è stato molto simile per quanto riguarda le attività quotidiane da portare avanti, ciò che è cambiato è stato il modo in cui poteva farlo. Mentre nella prima il tutto non era ben inquadrato e documentato, nella seconda era tutto più sistematico, con procedure specifiche e scritte da seguire. Inoltre, una volta nel Regno Unito ha iniziato a lavorare in istituzioni governative e il suo lavoro è diventato di tipo clinico.

“Quando ci si trasferisce per lavoro, è sempre un po’ la stessa cosa, in India come nel Regno Unito. Ma il Paese, la cultura, il luogo, tutto è diverso e c’è sempre molto da imparare nell’interazione con nuove persone. È un esperimento interessante”

Sia a Londra che in Essex, contea sud-orientale confinante con la capitale, ha trovato una grande comunità internazionale. Persone provenienti da tutto il mondo sono presenti non solo nella società, ma anche sul posto di lavoro e vi sono comunità provenienti dal Medio Oriente, da diversi Paesi africani, dagli Stati dell’Europa dell’Est, una grande comunità indiana e in particolare del Kèrala. Abdul Haneefa è fermamente convinto che il suo background socioculturale sia un valore aggiunto per la società britannica anche perché “l’Inghilterra si sostiene soprattutto grazie agli stranieri”.

Ora lavora presso il Southend University Hospital in Essex, come “Principale Scienziato Clinico a capo della sezione IT in radioterapia”. Non vede i pazienti oncologici di persona, ma il suo lavoro fa parte delle “QAs pre-paziente” o garanzie di qualità, procedure essenziali per garantire che quest3 ricevano la giusta dose di radiazioni. Il suo lavoro può essere suddiviso in due aree. La pianificazione del trattamento radioterapico attraverso un software che simula il tumore del paziente, utile per comprendere la dose massima di radiazioni necessaria per attaccare il tumore con un minimo effetto sugli altri organi. La seconda, è la valutazione di qualità degli acceleratori lineari, strumenti utilizzati per la radioterapia, attraverso diversi test insieme a esperimenti su nuove macchine.

Per il momento ha deciso di continuare a lavorare in Inghilterra, anche se a volte il desiderio di spostarsi e esplorare altri Paesi ritorna. Ma può essere difficile rinunciare alla stabilità quando la si trova, soprattutto quando si ha una figlia da crescere che gli occupa gran parte del tempo libero che è ormai dedicato al gioco, alla lettura di libri e molto altro.

Gli mancano molto i suoi genitori, ma per fortuna la tecnologia aiuta molto con la distanza. A volte vengono a trovarlo in Inghilterra, ma a causa del clima, troppo freddo rispetto a quello del Kèrala, non riescono a fermarsi a lungo. Per il resto, non sente la mancanza di specifici aspetti culturali o sociali, sia per la grande comunità del Kèrala presente in Essex, sia perché ha viaggiato molto nella sua vita e non ne è particolarmente legato. Vorrebbe tornare in Italia un giorno, gli manca il cibo, molto più buono di quello inglese di cui non è un grande fan e a cui preferisce sempre un piatto di riso Biriyani, un piatto tipico del Kèrala che adora.