
Ho scelto di essere un ricercatore. Ciò significa che devo sviluppare, migliorare, capire quali sono gli ostacoli e i problemi che i fisici medici devono affrontare e cercare di migliorare le cose
La vita di Omar è un complesso intreccio di dimensioni dove ciò che è politico, culturale, sociale e identitario si confonde poiché è nato in Siria, ma non ne ha mai avuto la nazionalità. Il governo siriano ha sempre riconosciuto ai figli di padri o nonni palestinesi la nazionalità palestinese, concedendo loro documenti di viaggio anziché passaporti siriani. Per questo motivo Omar, suo fratello e le sue sei sorelle sono rifugiat3 palestinesi in Siria, dove hanno sempre avuto il diritto di vivere e lavorare. Omar ha vissuto tutta la sua vita a Damasco accompagnato dall’amore e il ricordo per una patria che non ha mai potuto vedere e facendo parte solo in parte della società siriana, anche se, non ne ha sperimentato altre. Era studente di fisica, in particolare di “Protezione dalle radiazioni” all’Università di Damasco quando sono iniziate le proteste del venerdì contro il governo e quando nel 2011 è scoppiata la guerra. Inizialmente Damasco è stata risparmiata dalle violenze del conflitto grazie a un accordo che mirava a lasciare la città relativamente intatta. Ma, era sempre una zona di conflitto e non del tutto sicura.
“Non si riusciva a capire chi combattesse contro chi ed era impossibile pensare di essere al sicuro. È stato incredibile. Dovevamo essere buon3 e gentil3 con tutt3, altrimenti ci avrebbero fatto del male”.
Dopo un po’ anche Damasco fu coinvolta. Omar e la sua famiglia, come tant3 altre, decisero di lasciare la città e fu molto difficile e costoso trovare un posto in cui vivere. A Jobar, alla periferia della città, alloggiarono in un bilocale in dieci coprendo tutto il pavimento con dei materassi. Nell’assurdità di quel momento, passarono un bel periodo in famiglia, erano insieme e questa era la cosa importante. Durante un breve cessate il fuoco, Omar e la sua famiglia hanno avuto l’opportunità di vedere la loro casa un’ultima volta e di prendere tutto ciò che potevano, soprattutto i documenti, poiché quando si lascia la propria casa a causa della guerra “si esce a malapena vestiti e si scappa a causa dei rischi che stai correndo”. Mentre si allontanavano, cominciarono a sentire le bombe esplodere sopra le loro teste, incredibilmente vicine, e non si voltarono più indietro. I prezzi diventarono inaccessibili e si trasferirono a Mazzeh, a una decina di chilometri da Damasco, dove la sua famiglia vive tutt’ora. Omar, nonostante tutto, ha continuato a credere nella sua passione per la fisica e ha cercato borse di studio all’estero. È questo che gli ha permesso di lasciare il Paese.
“Sono arrivato in Italia nel 2015, e la guerra è iniziata nel 2011. Ho assistito alla parte più aggressiva e tutto quel periodo è stato un periodo scuro. Il mio successo è partito dall’Italia”.
L’Università di Trieste, e in particolare il Centro Internazionale di Fisica Teorica (ICTP) Absus Salam, ha riconosciuto il suo status giuridico, cosa di cui non era sicuro considerando tutte le persone siriane bloccate al confine con l’Europa in quel periodo. In quanto rifugiato in Siria e apolide altrove, la sua carta d’identità non è riconosciuta da molti Paesi e in quel periodo i governi dubitavano dell’autenticità dei documenti siriani. Una volta arrivato in Italia, ha dovuto compiere un passo fondamentale prima di dedicarsi agli studi. Ha chiesto asilo e ora è un rifugiato in Italia.
All’ICTP ha iniziato un master in Fisica Medica e Trieste è stata la prima città in cui ha vissuto in Europa. Lì ha trovato un ambiente internazionale, vi erano student3 provenienti, tra gli altri, dal Nicaragua, Messico e Sudan e passò il tempo a conoscerli, e a studiare. Mentre il primo anno era incentrato sulla teoria, il secondo era pratico e Omar decise di trasferirsi a Torino e di lavorare presso l’ospedale San Giovanni Antica Sede. Qui, invece, ha lavorato principalmente con collegh3 italian3 e questo lo ha incoraggiato a studiare la lingua e a integrarsi nella società. Tutti i suoi responsabili sono stati molto gentili con lui, e in particolare uno che sarebbe poi diventato il suo mentore e punto di riferimento in Italia. “È stato così gentile, accogliente, ha cercato di aiutarmi. È stato mio padre in Italia, lo chiamo così”.
A Torino ha imparato ad utilizzare i macchinari per il trattamento dei tumori. In qualità di fisici medici, era loro responsabilità assicurarsi che funzionassero perfettamente attraverso calibrazioni regolari e controlli di qualità dei macchinari grazie a strumenti che avevano imparato ad utilizzare. Omar imparò a sviluppare anche piani di trattamento e una volta terminato il master, decise di fare domanda per un dottorato di ricerca in Fisica Medica. Qui ha lavorato allo sviluppo, miglioramento e calibrazione di sensori in grado di fornire trattamenti migliori e più precisi sfruttando la fisica delle particelle ad alta energia. A Pavia presso il CNAO, il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica, testavano i propri dispositivi e sensori attraverso fasci di particelle per capirne l’efficienza e la funzionalità. È stato affascinante in quanto riuscivano così a capire il numero di particelle e la loro energia, due aspetti molto importanti da valutare per il trattamento di pazienti oncologici.
“Ho scelto di essere un ricercatore. Questo significa che devo sviluppare, migliorare, capire quali sono gli ostacoli e i problemi che i fisici medici devono affrontare e cercare di migliorare le cose”.
In quegli anni è entrato in contatto con la Fondazione Bruno Kessler (FBK), che produceva i sensori su cui lavorava al tempo e per cui lavora ora. Si è trasferito a Trento dove lavora ancora oggi come ingegnere del collaudo per la caratterizzazione di sensori e dispositivi in silicio. I sensori possono essere molto piccoli o enormi a seconda dell’uso finale e il ruolo del team di Omar è quello di verificarne la funzionalità. Questi sono utilizzati sia per applicazioni mediche che per la fisica delle alte energie, come i dispositivi spaziali fatti per la NASA o per strutture di ricerca come il CERN. Gli piace lavorare con collegh3, hanno molto lavoro da fare ma affrontano tutto in maniera rilassata. Secondo la politica della fondazione, ricercator3 possono avere un contratto per massimo 6 anni e Omar è al quinto. Tra qualche mese saprà se dovrà iniziare una nuova avventura, “questa volta non da solo ma con la mia famiglia”. Ridendo racconta di aver vissuto nelle 3T – Trieste, Torino e Trento – e guardando al suo futuro ha richiesto la cittadinanza italiana e ci sono molte ragioni importanti alla base della sua scelta. Oltre al fatto che ne ha diritto, potrebbe finalmente viaggiare e candidarsi per posizioni aperte all’estero e ambire a un reddito migliore che allevierebbe la sua situazione di sostegno alla famiglia sia qui che a Mazzeh. Potrebbe finalmente smettere di mostrare tutti i suoi documenti per presentarsi nelle università e, pensando alla prossima generazione, questo eviterebbe loro gli stessi problemi che ha affrontato lui anche se, fortunatamente, le sue figlie hanno i documenti italiani.
Secondo Omar in Siria si spendono ancora troppe risorse in campo militare e nei combattimenti che potrebbero essere investite, ad esempio, nella ricostruzione o nella ricerca. “Invece di distruggere la vita di molte persone, queste risorse potrebbero rendere la vita migliore per tutt3”, visto che la guerra ha solo portato il Paese indietro di decenni. Ancora oggi, tutto è molto costoso, prevale il mercato nero e gli stipendi sono molto bassi. La sua famiglia ha l’elettricità solo due ore al giorno e deve raccogliere l’acqua per tutta la settimana. Inoltre, ci sono persone che devono ancora svegliarsi pensando a dove trovare pane, latte, gas ed elettricità. È una situazione in cui “si vive solo per rimanere in vita”. Quando si parla di Siria ci sono amic3 che gli mancano molto, che sono scomparsi dalla sua vita e di cui non sa nulla. Gli manca il cibo delizioso e il tempo trascorso all’università che vorrebbe rivedere un giorno. Desidera portare qui i suoi genitori affinché possano vivere in pace con lui, e le sue sorelle, anche se per loro sarebbe più difficile. Desidera la pace per tutti i Paesi del Medio Oriente e andare in Palestina un giorno. Desidera entrare a far parte del mondo della ricerca internazionale, perché pensa che sia un diritto di tutt3 fare ciò che si vuole ed essere riconosciut3 per ciò che si è.
Omar è siriano, palestinese, libanese e, si spera, presto anche italiano. Un rifugiato da sempre, che sogna un mondo migliore e spera che la prossima generazione possa fare le cose in modo diverso e migliore da quella attuale.